Perché l’Italia non riesce a spendere i Fondi per il Dissesto Idrogeologico? Analisi e soluzioni.

L’Italia, un Paese da sempre soggetto a un significativo rischio idrogeologico, secondo ISPRA quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio dissesto e soggetto ad erosione costiera e oltre 8 milioni di persone abitano nelle aree ad alta pericolosità. Si trova in una posizione critica a causa della sua incapacità di spendere le risorse destinate alla prevenzione e alla gestione di questo problema.

Secondo l’ultima relazione della Corte dei Conti, nonostante i numerosi fondi allocati nel corso degli anni, l’Italia ha visto un lento avanzamento nella realizzazione di opere necessarie per la mitigazione del rischio idrogeologico.

Questo fenomeno ha conseguenze disastrose, come dimostrato dalle continue frane e alluvioni che colpiscono il territorio e causano vittime e danni ingenti.

Le risorse destinate e non spese:

Dal 1999 al 2019, l’Italia ha stanziato circa 7 miliardi di euro per oltre 6.000 progetti volti a contrastare il dissesto idrogeologico, a fronte di richieste per oltre 26 miliardi di euro, un indicatore chiaro del dislivello tra necessità e fondi erogati. Nonostante le ingenti risorse messe a disposizione, le opere effettivamente completate sono una frazione di quanto programmato. Questo ritardo cronico è evidente soprattutto nei tempi di realizzazione degli interventi, che in media richiedono tra i 4,6 e i 4,9 anni, con una tendenza a estendersi oltre i 7 anni per i progetti più complessi e costosi.

La lentezza dell’attuazione e la scarsità di capacità di spesa da parte degli enti locali rappresentano una delle cause principali del fallimento nella gestione del dissesto idrogeologico. Per esempio, il Piano ProteggItalia del 2019, che ha previsto un impiego di 14,3 miliardi di euro in 12 anni, ha subito pesanti ritardi, con solo una parte minima delle risorse effettivamente utilizzata.

La burocrazia e le altre cause del fallimento:

Una delle principali debolezze italiane in questo ambito è la burocrazia paralizzante, che rallenta e ostacola il processo di realizzazione delle opere.

La Corte dei Conti ha evidenziato come le fasi di progettazione e affidamento rappresentino un collo di bottiglia, con la progettazione che spesso assorbe il 57% del tempo totale necessario per portare a termine gli interventi. A questo si aggiungono i cosiddetti “tempi morti” amministrativi, che rappresentano il 48,6% del totale.

Altre cause includono la mancanza di competenze tecniche all’interno degli enti locali, che spesso non sono in grado di gestire progetti complessi, e la frammentazione delle responsabilità tra vari livelli di governo e istituzioni, aggravata dalla mancanza di una vera pianificazione territoriale. La gestione emergenziale, piuttosto che preventiva, dei fenomeni legati al dissesto idrogeologico continua a prevalere, rendendo ancora più difficile una risposta efficace a questo problema.

L’analisi della Corte dei Conti mette in luce anche un altro nodo critico: la capacità progettuale delle Regioni. Nonostante i fondi stanziati, molte Regioni non riescono a gestire efficacemente i progetti a causa della carenza di profili tecnici qualificati.

Gli enti locali spesso non dispongono delle competenze necessarie per affrontare interventi complessi e su larga scala. Questa mancanza di risorse umane adeguate si traduce in ritardi e inefficienze. Inoltre, la scarsa pianificazione del territorio amplifica il problema, poiché interventi spesso scollegati e non coordinati rendono difficoltoso gestire in modo organico le emergenze legate al dissesto idrogeologico.

Le Regioni, che dovrebbero essere il primo motore dell’azione preventiva, si trovano quindi impreparate di fronte alla mole di lavoro necessaria per mettere in sicurezza il territorio. Questo deficit organizzativo è particolarmente evidente nei tempi lunghi di realizzazione degli interventi: la fase di progettazione, che nelle Regioni più problematiche può richiedere fino a 3,7 anni, rallenta l’intero processo e complica l’esecuzione delle opere. Senza un intervento deciso volto a rafforzare la capacità progettuale e pianificatoria delle Regioni, i fondi stanziati continueranno a rimanere inutilizzati, mentre il rischio per il territorio e la popolazione resterà invariato.

Per affrontare in modo efficace il problema della capacità progettuale delle Regioni e la scarsa pianificazione del territorio in Italia, è necessario adottare un insieme di strategie, alcune delle quali possono essere ispirate dalle soluzioni già applicate con successo in altri Paesi. Ecco alcune proposte concrete che potrebbero contribuire a superare le criticità attuali:

  1. Creazione di Centri Tecnici Regionali Centralizzati

Una delle principali debolezze risiede nella carenza di profili tecnici qualificati. Una possibile soluzione è la creazione di Centri Tecnici Regionali che centralizzino le competenze ingegneristiche, geologiche e ambientali. Questi centri potrebbero fungere da punto di riferimento per la pianificazione, progettazione e monitoraggio dei progetti per tutte le amministrazioni locali. I tecnici, anziché essere suddivisi tra vari enti territoriali, lavorerebbero insieme per fornire supporto specialistico a tutte le Regioni, garantendo competenze elevate e omogeneità nella gestione dei progetti.

Ispirazione: In Francia, il CEREMA (Centro di studi e di competenza sull’ambiente, l’urbanistica e le infrastrutture) fornisce supporto tecnico e operativo alle amministrazioni locali su temi complessi come l’assetto idrogeologico e la gestione del rischio. Questo modello potrebbe essere replicato in Italia.

  1. Partenariati pubblico-privato per il trasferimento tecnologico

La collaborazione tra pubblico e privato può essere una soluzione per superare la carenza di risorse tecniche nelle amministrazioni regionali. Attraverso partenariati pubblico-privati (PPP), le Regioni potrebbero avvalersi delle competenze di grandi società di ingegneria e tecnologia per la progettazione e la realizzazione delle opere di mitigazione del rischio idrogeologico. Questo tipo di collaborazione permette di trasferire know-how e strumenti tecnologici avanzati al settore pubblico, migliorando l’efficacia e l’efficienza delle opere.

Ispirazione: In Germania, il settore privato svolge un ruolo chiave nella realizzazione di infrastrutture pubbliche. Grazie a PPP strutturati, i progetti di prevenzione del rischio sono stati realizzati in tempi brevi, garantendo la qualità delle opere e riducendo i costi attraverso l’innovazione tecnologica.

  1. Potenziamento della formazione e certificazione delle competenze

Un’altra strategia efficace potrebbe essere quella di potenziare la formazione professionale dei tecnici nelle amministrazioni locali. L’Italia dovrebbe investire in corsi di formazione e aggiornamento continuo per i professionisti coinvolti nella gestione del dissesto idrogeologico. L’adozione di un sistema di certificazione delle competenze tecniche specifiche per la gestione del rischio idrogeologico garantirebbe la presenza di profili adeguati e preparati all’interno delle amministrazioni regionali.

Ispirazione: Il Regno Unito ha un sistema di certificazione delle competenze tecniche che obbliga gli ingegneri e i tecnici pubblici a partecipare regolarmente a corsi di formazione per ottenere o mantenere la certificazione. Questo metodo garantisce la qualità del personale tecnico coinvolto in progetti pubblici.

  1. Adozione di strumenti digitali e piattaforme di monitoraggio

La digitalizzazione può svolgere un ruolo cruciale nel migliorare la pianificazione e l’esecuzione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico. L’adozione di piattaforme digitali di monitoraggio in tempo reale degli interventi, unite a sistemi di gestione progettuale basati su modelli digitali del territorio (GIS), consentirebbe una migliore gestione delle risorse e una maggiore trasparenza nell’avanzamento dei lavori. Questi strumenti potrebbero anche facilitare la collaborazione tra amministrazioni e tecnici.

Ispirazione: In Svizzera, il sistema Geotest, basato su tecnologie GIS, viene utilizzato per monitorare il rischio idrogeologico in tempo reale, permettendo una risposta rapida ed efficace alle emergenze e migliorando la pianificazione del territorio.

  1. Semplificazione normativa e decentralizzazione dei processi decisionali

La burocrazia italiana, lenta e complessa, ostacola l’efficacia delle azioni contro il dissesto idrogeologico. Una possibile soluzione è la semplificazione delle normative relative all’approvazione dei progetti, con una drastica riduzione dei passaggi amministrativi.

Conclusione:

La situazione del dissesto idrogeologico in Italia richiede un cambiamento radicale, che non può più essere rimandato. È necessario superare la burocrazia, migliorare la gestione dei fondi e soprattutto adottare una visione di lungo termine, che metta la prevenzione e la manutenzione del territorio al centro delle politiche pubbliche. Senza queste riforme, l’Italia continuerà a sprecare risorse e a subire disastri evitabili, con un prezzo pagato non solo in termini economici, ma anche di vite umane.