Julian Assange è il volto e la voce di Wikileaks, la piattaforma online che dal 2006 ha pubblicato milioni di documenti segreti provenienti da fonti anonime, svelando scandali, crimini e abusi di governi, istituzioni e corporazioni di tutto il mondo.
Assange, nato in Australia nel 1971, ha iniziato la sua carriera come hacker, attivista e programmatore, prima di dedicarsi al giornalismo investigativo e alla creazione di Wikileaks, con l’obiettivo di promuovere la trasparenza e la libertà di informazione.
Tra le sue rivelazioni più famose, ci sono i video che mostrano le atrocità commesse dalle truppe americane in Iraq e Afghanistan, i cablogrammi diplomatici che hanno esposto le pressioni e le ingerenze degli Stati Uniti in vari paesi, e i file che hanno documentato le pratiche di tortura e detenzione illegale a Guantanamo Bay.
Queste pubblicazioni hanno scatenato le ire e le reazioni delle autorità coinvolte, che hanno accusato Assange di aver messo a rischio la sicurezza nazionale, la vita di agenti e informatori, e le relazioni internazionali. In particolare, gli Stati Uniti hanno avviato un’indagine penale contro Assange e Wikileaks, basandosi sulla legge sullo spionaggio del 1917, che prevede pene severe per chi divulga informazioni classificate.
Assange, però, si è sempre difeso sostenendo di aver agito nell’interesse pubblico e di aver esercitato il suo diritto alla libertà di espressione, garantito dal primo emendamento della Costituzione americana. Inoltre, ha rivendicato il suo ruolo di giornalista e di editore, affermando di aver applicato criteri di selezione, verifica e protezione delle fonti, e di aver collaborato con diversi media internazionali, tra cui il Guardian, il New York Times e Der Spiegel.
La sua battaglia legale, però, si è complicata quando, nel 2010, la Svezia ha emesso un mandato di arresto nei suoi confronti per accuse di violenza sessuale e stupro, che Assange ha sempre negato e che sono state successivamente archiviate. Per evitare l’estradizione in Svezia, e da lì negli Stati Uniti, Assange si è rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra nel 2012, ottenendo l’asilo politico dal governo di Rafael Correa.
Per quasi sette anni, Assange ha vissuto in una stanza di pochi metri quadrati, senza poter uscire e con accesso limitato a internet, telefono e visite. Nel frattempo, la sua salute fisica e mentale si è deteriorata, come hanno denunciato i suoi avvocati e il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, Nils Melzer, che ha visitato Assange nel 2019 e ha rilevato segni di “tortura psicologica prolungata”.
La sua situazione è cambiata nel 2019, quando il nuovo governo dell’Ecuador, guidato da Lenin Moreno, ha revocato il suo asilo e ha permesso alla polizia britannica di entrare nell’ambasciata e arrestarlo. Da allora, Assange è detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, a Londra, in attesa del verdetto sull’estradizione negli Stati Uniti, dove è accusato di 18 capi d’imputazione, tra cui spionaggio, cospirazione e furto di dati, che potrebbero costargli fino a 175 anni di prigione.
Il processo di estradizione si è svolto tra il 2020 e il 2021, tra ritardi, difficoltà e polemiche. La difesa di Assange ha sollevato vari argomenti contro la richiesta americana, tra cui la violazione dei diritti umani, la mancanza di garanzie processuali, il rischio di suicidio e il carattere politico delle accuse. La procura americana, invece, ha sostenuto la validità e la legalità della sua richiesta, basandosi sul trattato di estradizione tra i due paesi e sulla gravità dei reati contestati.
Il 4 gennaio 2021, la giudice Vanessa Baraitser ha respinto la richiesta di estradizione, ma non per i motivi sostanziali sollevati dalla difesa, bensì per quelli umanitari, ritenendo che Assange fosse a serio rischio di suicidio se fosse stato trasferito negli Stati Uniti. Tuttavia, la giudice ha anche negato la libertà provvisoria a Assange, che è rimasto in carcere in attesa dell’appello presentato dagli Stati Uniti.
L’udienza d’appello si è tenuta il 21 e 22 febbraio 2024, davanti all’Alta Corte di Londra, che ha ascoltato le argomentazioni delle due parti e ha annunciato che avrebbe reso noto il suo verdetto entro pochi giorni. Il caso di Assange, quindi, è ancora in bilico, e con esso il destino di un uomo, di una piattaforma e di un principio: quello della libertà di informazione.