Quali sfide dell’UE?

Nel contesto di un disordine mondiale crescente, accentuato da conflitti inestinguibili e dall’allargarsi di guerre senza tregua, l’Europa e l’Italia si trovano a un bivio. La rivista geopolitica italiana Limes proclama inquietantemente: “Stiamo perdendo la guerra”, esprimendo preoccupazione per la miopia della classe dirigente di fronte alla realtà geopolitica attuale.

Il dibattito politico italiano sembra ossessionato dalle vicende interne, trascurando la cruciale questione del futuro dell’Europa, nonostante le elezioni europee siano alle porte. C’è una disconnessione tra la politica interna e quella europea, e un preoccupante 41% di assenteismo alle urne. Questo disimpegno civico rispecchia forse una più ampia apatia o sfiducia verso le istituzioni europee?

Le proteste contro le politiche di Bruxelles, come la recente “rivolta dei trattori” e le persistenti tensioni in Francia, Italia, Spagna e Germania, suggeriscono una crescente insoddisfazione popolare. Lucio Caracciolo contesta l’idea di una coscienza pubblica europea unificata, sottolineando che esistono piuttosto ventisette opinioni pubbliche distinte.

La critica dell’Unione Europea e del suo corso attuale non è nuova. Già nel 1997, Bettino Craxi esprimeva dubbi su un progetto europeo disallineato dalla realtà economica e sociale. Luciano Gallino, analizzando la crisi finanziaria del 2007-2008, denunciava l’eccessiva libertà concessa ai grandi gruppi finanziari e l’erosione della democrazia in Europa.

Nonostante le idee di integrazione e unità dei fondatori dell’UE come Schuman, Adenauer e De Gasperi, l’Europa sembra essersi allontanata dagli ideali di partenza, avviluppandosi in una rete di interessi finanziari che hanno soffocato sia l’economia che la politica. Il Trattato di Maastricht del 1992 non è riuscito a fondare uno Stato europeo autonomo dalle grandi potenze, né a promuovere una politica estera, di difesa e economica comune.

In un mondo che cerca un nuovo ordine, quale sarà il posto dell’Europa se dovesse vacillare anche l’atlantismo? Senza una visione comune, i 27 Stati membri dell’UE rischiano di apparire frammentati e indeboliti sullo scenario globale.

Dovremmo forse meditare su queste riflessioni per comprendere la crisi dell’integrazione europea e cercare soluzioni che riconcilino gli interessi generali con le realtà nazionali. Il futuro dell’Europa potrebbe dipendere dalla capacità di riformare le sue istituzioni e i suoi trattati, rinnovando i suoi obiettivi in un’era di cambiamenti epocali, e di affrontare le diseguaglianze interne e tra gli Stati membri. Il compito è arduo, ma rinunciare alla visione di un’Europa unita e funzionale significherebbe accettare la sconfitta prima ancora di aver combattuto la battaglia per il suo futuro.

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