Per il rilancio dell’Italia servono misure utili a scatenare un shock economico positivo proporzionale al virus

L’Istat ieri ci ha mostrato, dati alla mano, il quadro di previsioni economiche per l’Italia nei prossimi mesi.

I dati ci dicono che il nostro Pil quest’anno diminuirà dell’8,3%. Soprattutto a causa di una contrazione del 7,2% della domanda interna, con i consumi delle famiglie che segneranno un -8,7% con gli investimenti che parallelamente si attesteranno intorno a un -12,5%. Nel frattempo la spesa delle pubbliche amministrazioni è ferma a un+1,6%.

Questi sono i numeri delle prime stime dell’Istat sull’impatto che l’emergenza sanitaria ha prodotto sulla nostra economia.

Sono stime che ormai ci aspettavamo e che erano purtroppo ampiamente previste, ciò nondimeno fanno ugualmente tremare le vene e i polsi. Se consideriamo anche che è previsto un calo del 9,3% degli occupati, c’è di che preoccuparsi. Un milione e mezzo di inattivi in più nel giro di un solo anno. Sono dati che spaventano soprattutto perché allo shock del virus non vedo seguire un proporzionale segnale di shock economico per la ripresa.

Con i decreti emessi durante il lockdown, compreso quello che prende il nome rilancio, sono state tamponate molte emergenze, vero. Un balsamo per le ferite più vistose. Ma la cura è un’altra cosa e non ne vedo ancora traccia.

Mi trovo a constatare inoltre che la cultura dei navigator ha prodotto un esercito di sommersi: ad aprile l’occupazione under 35 è crollata del 4,5%. Non si esce da un incubo del genere senza scelte imponenti.

  • Tra tutte le cose possibili da fare, occorre velocemente rivedere le misure che hanno mostrato i propri limiti, come ad esempio il Reddito di cittadinanza che, se temporaneo, resta un utile strumento di supporto alle famiglie ma che alla lunga si è mostrato completamente inefficace nel raggiungere l’obiettivo essenziale per cui era nato: la ricollocazione professionale. E non se ne esce neppure continuando ad accumulare debito pubblico senza gettare i semi per la reale ripartenza.

Il Paese va messo in sicurezza e per me occorre lavorare subito su sette fronti:

  1. un piano di investimenti e di progetti misurati (utili al territorio e monitorati nei processi di necessaria trasparenza) nelle tante piccole e medie opere infrastrutturali veramente necessarie ai territori
  2. l’abbassamento dell’Iva
  3. una coraggiosa opera di sburocratizzazione (che significa anche mettere una marcia in più al sistema della digitalizzazione del Paese)
  4. misure di protezione e rilancio per il Turismo – arte, cultura e food, – voci essenziali per l’indotto di molti territori.
  5. misure di supporto per export con particolare attenzione ai settori moda, food, nautico
  6. misure utili alla ripartenza delle imprese
  7. sarebbe opportuno valutare seriamente anche la possibilità di introdurre una moneta fiscale

La nostra economia può tornare a correre e si può pure cambiare il Paese. Basta volerlo. Con i fatti e non con le tavole rotonde o le task force che ci lasciano solo qualche spot e qualche slide.