Pontile petroli Eni di Gaeta, favorevole alla delocalizzazione

Rendo nota la lettera inviata al consiglio comunale di Formia con la quale spiego il lungo lavoro portato avanti in questi mesi a favore della delocalizzazione del Pontile petroli Eni di Gaeta ed elenco alcune delle difficoltà burocratiche riscontrate. Tuttavia per esprimersi sulla soluzione migliore occorrono dati concreti che i diretti interessati hanno tenuto finora chiusi in cassaforte. Per arrivare ad una ipotesi sostenibile occorre partire da questi, buttarla in caciara mettendo avanti bandiere campanilistiche o ideologiche equivale al fallimento di ogni proposta.

“Gentili consiglieri,

accolgo con estremo interesse l’invito del presidente Di Gabriele e del Sindaco Villa ad esprimere nella massima assise formiana, davanti all’intera cittadinanza ed ai suoi rappresentanti democraticamente eletti, le mie valutazioni circa l’eventuale delocalizzazione del pontile Petroli.

Desidero innanzitutto scusarmi per non poter intervenire personalmente al dibattito, ma come avrete appreso, la ‘manovra del cambiamento’ ed i suoi addentellati richiedono in queste ore la mia massima attenzione e la mia presenza all’interno dell’aula parlamentare, nel rispetto del mandato conferitomi.

Non intendo sottrarmi però ad un tema così sentito da tutti coloro che hanno a cuore il futuro di questo Golfo, gli stessi che lo scorso 4 marzo hanno espresso un consenso così ampio verso il Movimento e la mia persona, con l’evidente speranza di voltare finalmente pagina.

Il pontile Petroli, nel suo attuale posizionamento presso il quartiere di Porto Salvo – loc. Peschiera, è stato oggetto del mio primo intervento, già a pochi giorni dalle elezioni.

Subito mi sono balzate agli occhi due anomalie: da un lato una concessione decennale in scadenza ed in attesa di rinnovo, dall’altro una struttura, piuttosto precaria. Tanto che l’accesso “via terra” è attualmente riservato, e comunque solo in caso di emergenza, ai soli vigili del fuoco.

È partito così immediatamente un fitto carteggio con l’Adsp del Mar Tirreno Centro Settentrionale ed il presidente Francesco Maria De Majo, al fine di acquisire tutte le informazioni in loro possesso.

Nel frattempo, con l’ausilio del comandante del compartimento marittimo di Gaeta Andrea Vaiardi, che mi preme qui ringraziare, abbiamo compiuto un sopralluogo via mare, proprio mentre i lavori, per somme ingenti, erano in corso.

Insieme al mio staff, dopo reiterate richieste e previo invito, mi sono recato presso la sede di Gaeta per consultare i documenti di certificazione della sicurezza. Durante la riunione è emerso per la prima volta che la concessione era stata rinnovata solo per 4 anni, circostanza poi confermata dal presidente De Majo anche in altre sedi.

Un primo obbiettivo dunque, quello di evitare il perdurare all’infinito dello stazionamento di navi petrolifere a 300 metri dall’abitato, è sicuramente più vicino.

Un lasso di tempo così breve non consente a nessun interlocutore di assopirsi, come è accaduto in questi anni.

Ecco spiegato il perché di tanto nervosismo da parte degli amministratori locali che avrebbero dovuto governare questo processo ed invece, per contrapposizioni ideologiche o per mero calcolo, hanno preferito procrastinarlo all’infinito.

Nell’incontro presso la sede di Gaeta dell’Adsp, avvenuto alla presenza di due ingegneri dell’Eni e di un funzionario di Adsp ci è stato detto che i documenti sulla sicurezza ci sarebbero stati messi a disposizione per la consultazione per un periodo di 30 giorni. Si tratta di copie “a rilascio controllato” e dunque non liberamente divulgabili.

Ad oggi, trascorsi 30 giorni, siamo ancora in attesa di essere autorizzati.

Per quanto riguarda Eni attendiamo invece una risposta sulla comparazione delle diverse possibilità di delocalizzazione in termini di costi e di sicurezza.

Ci è stato assicurato che arriverà a breve e non abbiamo ragioni per credere il contrario.

Esprimersi oggi senza che io ed il mio staff abbia potuto visionare questi dati tecnici sarebbe per me e per il ruolo che ricopro mancanza di serietà. Lo scorso 9 maggio i vertici del comune di Gaeta hanno partecipato ad un tavolo tecnico insieme all’Adsp ed ai tecnici dell’Eni. A distanza di 7 mesi, curiosamente, la politica locale scopre di non avere riferimenti scientifici a supporto. Chissà se li aveva nel 2014 quando votò in comitato portuale le linee guida per la variante al piano regolatore portuale del 2006 e che prevedevano l’inserimento all’interno del porto commerciale di Gaeta. Lascio a Voi ogni valutazione.

Nel frattempo il presidente Francesco Maria De Majo, nominato con l’accordo tra il presidente Zingaretti ed il precedente governo di centro – sinistra annuncia l’approvazione di un finanziamento della Bei da 195 milioni di euro per opere portuali destinate ai comuni di Civitavecchia e di Fiumicino, mentre – a leggere dalla stampa – Gaeta ne è totalmente esclusa.

Non vorrei che la discussione in atto oggi fosse influenzata da questi risultati negativi collezionati dal nostro territorio grazie alla “governance” di questi ultimi anni.

In questo contesto anche agitare la bandiera del “Golfo Area Sensibile” senza tener conto delle diverse esigenze e risorse disponibili in campo può rivelarsi controproducente nel raggiungimento dell’obiettivo finale che deve rimanere la sicurezza dei cittadini.

Per quanto mi riguarda credo sia corretto pretendere uno studio di fattibilità indipendente. Ma la politica non si può ridurre alla mossa del figliuol prodigo, che in preda ai rimorsi scopre che le ghiande sono terminate. Una prima analisi indipendente si sarebbe potuta avere infatti già in sede di tavolo tecnico rivolgendosi al compartimento marittimo di Gaeta guidata proprio in questo momento da un valente ufficiale con esperienza in campo ambientale presso il ministero competente.

Gli “esperti” della politica ormai saldati con quelli della burocrazia insediata negli uffici ci stanno facendo perdere tempo prezioso. Se stasera si vuole rispondere a questo salendo sulle barricate della demagogia noi diciamo “No Grazie”. Per rimanere in termini marinareschi è noto che l’editto “Facite ammuina” attribuito al Re Franceschiello è un falso storico.

Ricordiamoci che siamo stati eletti per cambiare, non per coprire una patacca con una pezza a colori.